Anarchismo e antispecismo: un rapporto inscindibile

L’antispecismo, quella forma di lotta per la liberazione animale, rappresenta un argomento che nel corso degli anni ha sollevato accese discussioni all’interno dei gruppi anarchici. In particolare ci si chiede se l’antispecismo rappresenta o meno una lotta insita nell’anarchismo. Cos’è che differenzia lo specismo dal razzismo o dal sessismo? Non è forse lo specismo una delle varie strutture gerarchiche di dominio al pari delle altre? Può parlarsi di anarchismo senza antispecismo?


Un chiarimento terminologico

All’interno del movimento anarchico globale, da decenni, si porta avanti la discussione intorno all’antispecismo e, in particolare, di come il movimento libertario dovrebbe approcciarsi ad esso. Nello specifico, ci si chiede se l’antispecismo dev’essere o meno considerata una componente essenziale nella definizione di anarchismo e di anti-autoritarismo.

Com’è noto, l’antispecismo, rappresenta quella corrente filosofica, culturale e politica per cui nessuna specie animale, sia essa umana che non-umana, è considerata al di sopra e/o superiore alle altre. Per questo, è antispecismo, quell’insieme di pratiche quotidiane volte all’abbattimento dello sfruttamento delle specie animali, e che a queste provocano danno e sofferenza, per trarre esclusivo vantaggio e godimento a favore di un’altra. Alla base di ciò, c’è il pieno riconoscimento del diritto alla vita e alla non-sofferenza di tutti gli esseri animali. Di contro, ovviamente, c’è lo specismo che considera una specie come superiore alle altre e, pertanto, si accaparra, in maniera del tutto autoritaria, il diritto di disporre della vita delle altre specie. L’antispecismo quindi, si batte per la liberazione totale degli esseri animali, senza distinzioni alcune rispetto alla specie di appartenenza.

È bene precisare che nella discussione in oggetto, sarebbe del tutto irragionevole adoperare la distinzione tra specie umane e non-umane, in quanto si porrebbe inevitabilmente anch’essa come una differenziazione specista. Infatti, la divisione tra animali umani e non-umani, andrebbe a considerare l’umano come fulcro per la distinzione di questo rispetto alle altre specie animali con un approccio chiaramente gerarchico. L’umano, secondo l’approccio antispecista, è considerato solo come una delle milioni di specie presenti sulla Terra, avente così pari dignità e diritto alla vita riconosciuti a tutte le altre specie animali. Pertanto, in questo contesto, se non rappresenta significato alcuno la differenziazione specista tra animali umani e non-umani, se non al fine di favorire una discussione terminologica e dialettica più lineare e fluida, allo stesso modo in assoluto non viene riconosciuta la divisione antropocentrica e comunemente accettata tra umani e animali come appartenenti a due mondi diversi e distanti. Ad ogni modo, va detto che l’antispecismo è una corrente culturale e politica nata per contrastare il dominio dell’animale umano sulle altre specie animali e che, per questo, la pratica della liberazione animale che viene messa in atto è prettamente umana. Perciò, laddove la distinzione tra animale umano e animale non-umano potrebbe essere considerata legittima in senso antispecista, è solo a condizione che questa non venga inquadrata come differenziazione naturale e assoluta, ma bensì, come il riscontro di un volontario e meccanico sganciamento del vivere umano rispetto alle società non-umane, ossia rispetto alla restante società naturale – ed è qui che va a concrettizzarsi l’antropocentrica e specista distinzione finora discussa –  la quale include le società animali, l’ambiente, e l’interazione tra queste due.      

Specismo come categoria di dominazione

Lo specismo altro non rappresenta che una delle varie forme di dominio dell’essere umano sulle società non-umane. O meglio, lo specismo, è solo la gerarchia imposta dall’animale umano nell’interazione con gli animali non-umani. In effetti, a ben guardare, le società strutturate in maniera verticistica e gerarchica, impongono la subordinazione di uno o più individui a vantaggio di altri. Così, ad esempio, il razzismo impone la subordinazione di alcuni individui rispetto ad altri sull’errata considerazione della differenza biologica su base razziale; allo stesso modo il sessismo in base all’identità sessuale, così come il maschilismo e l’omofobia; ancora, il classismo, impone la subordinazione di alcuni individui rispetto ad altri in base all’appartenza ad una determinata classe sociale; l’etnocentrismo su base etnica impone la supremazia di un’etnia sulle altre o il nazionalismo su base nazionale. Lo specismo così, impone la subordinazione di tutte le specie animali non-umane agli interessi dell’unica specie animale umana.

L’anarchismo, che nasce proprio dalla lotta per la distruzione del dominio, del potere, dell’autorità e delle gerarchie, non può non prendere in considerazione l’antispecismo al fianco dell’antisessismo, dell’antirazzismo, dell’antiautoritarismo per la costruzione di una società libertaria. Infatti, la supremazia umana rispetto agli animali non-umani, è imposta sulla mera appartenenza degli uni e degli altri a specie diverse tra loro, così come ogni gerarchia sociale nasce dall’appartenenza a gruppi sociali portatori di interessi diversi tra loro. Le gerarchie quindi cadono e vengono abolite laddove la distinzione di appartenenza non si pone come limite, ma quando c’è il riconoscimento della diversità utile solo per il perseguimento di interessi differenti. Se questo riconoscimento vale ed è valso in passato nel rapporto tra umani, l’anarchismo dovrebbe riconoscere le differenze tra animale umano e animale non-umano come delle caratteristiche peculiari ma non legittimitanti lo sfruttamento dei secondi ad opera dei primi. A tal proposito, basti pensare ad esempio che lo schiavismo, sin dalle civiltà antiche fino all’età moderna, è stato giuridicamente regolamentato fino alla sua abolizione (su questo bisognerebbe ragionare se lo schiavismo ha semplicemente cambiato forme rispetto al passato) avvenuta quando, giusto per esemplificare, il colore nero della pelle è stato riconosciuto come caratteristica dovuta alla melanina e non per identificare un’inferiorità. Stesso discorso può farsi rispetto al colonialismo o alle leggi razziali.

Ciò che non va dimenticato, è che l’evoluzione delle specie in base alle proprie necessità, ha portato queste a sviluppare caratteristiche diverse tra loro le quali non possono in alcun modo essere considerate come grado di valutazione di inferiorità e superiorità e, di conseguenza, per il loro sfruttamento, ma bensì come semplici differenze evoluzionistiche.

Conclusioni

Da parte di chi scrive non c’è la volontà di porsi come giudice giudicante la condotta altrui, né la volontà di stilare una sorta di “costituzione anarchica” da cui far emergere i princìpi dell’anarchismo. Personalmente però, il mio approccio all’anarchismo, prevede anche la distruzione dello specismo inquadrato come gerarchia dominatrice e sfruttatrice, al pari di altre strutture gerarchiche e con le quali lo specismo condivide la stessa comune radice. A tal proposito credo che lo specismo si sviluppi nello stesso modo in cui si sviluppa il razzismo, il sessismo, il classismo, il patriarcato, il maschilismo, l’omofobia, lo schiavismo, l’antropocentrismo, l’etnocentrismo, il colonialismo, il nazionalismo, il capitalismo e tutte quelle forme di dominio economico, sociale, culturale, di appartenenza e di identità. Pertanto, la lotta per la liberazione totale, non potrebbe essere considerata compiuta fin quando anche lo specismo non verrà sdradicato e distrutto.